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Padiglione Italiano EXPO, Shanghai, Cina 2010

Il progetto per il Padiglione italiano presso l’Esposizione Universale di Shanghai 2010 è stato elaborato su un’ambiguità spaziale di matrice pirandelliana che determina uno spazio architettonico concepito sul dualismo del rapporto oggettività – relatività.

Il Padiglione italiano è ubicato in un’area adiacente l’argine del fiume Huangpu, a nord, e confinante, a sud e ad est, con i limitrofi spazi destinati all’Expo. L’accessibilità allo spazio espositivo interno avviene attraverso il fronte sud, disegnato dalla regolarità del “setto murario” in travertino che, ripiegando a nord, definisce due delle superfici delimitanti l’involucro.

La geometria dell’apparato “murario” e della pianta è dedotta da accordi armonici assimilabili a rapporti proporzionali aurei che, congiuntamente alla scelta di adozione del rivestimento “murario”, suggeriscono i caratteri estetico – formali di una “tradizione” architettonica nazionale.

Il fronte di accesso è lacerato da un’unica e riconoscibile “smagliatura”, dalla dimensione “monumentale” che, tuttavia, non svela il contenuto dell’involucro ma ne preserva l’aurea arcana.

Matericità, classicità, monumentalità e, più genericamente, la verità oggettiva del dato e le associazioni percettive, vengono progressivamente confutate da suggerimenti del “contrario” che, secondo un procedimento analogo alla “finzione scenica”, inducono un dualismo enigmatico tra verità e simulazione.

Il “setto murario”, a sud e ad est, sembra sfiorare il terreno senza toccarlo, rinnegando la gravità in un paradosso statico, un “lucido inganno” non dissimile da episodi architettonici del manierismo italiano, o dalle simulazioni prospettiche di edifici civili e religiosi del primo e del tardo rinascimento.

Varcato l’accesso si è sorprendentemente immersi in uno spazio inatteso, in cui l’unitarietà e la rigorosità geometrica del fronte strada si sostituiscono alla complessità e dinamicità di uno spazio disegnato da una doppia maglia strutturale dall’andamento sinuoso, le cui tessiture sovrapposte si propagano in direzioni tra loro ortogonali innescando un connubio linguistico tra natura e artificio, suggestioni organiche e immagini urbane, tradizione e modernità, intuizione e verità.

La sovversione delle leggi fisiche e delle proprietà statiche del “muro” sottende una logica compositiva concepita sul paradosso, non esauritasi negli esterni ma preservata e incrementata negli interni con il rovesciamento della concezione spaziale, da materica e tradizionale, in aleatoria e avanguardista. L’interno delimitato a sud e ad est da una superficie perimetrale “muraria”, si spalanca, a nord e ad ovest, alla visuale del fiume e del contesto urbano. Le suggestioni naturalistiche della matrice strutturale si incrementano dell’ibridazione paesaggistica delle superfici pavimentate con zone verdi alternate ad un “promontorio artificiale”.

Quest’ultimo costituisce un vero e proprio irrigidimento strutturale velato da sembianze organiche, che si innalza artificialmente per incrociare l’andamento fluttuante della maglia strutturale.

Ogni componente dello spazio architettonico cela dietro una “maschera” un’enigmaticità improvvisa, riconducibile ad un gioco di ibridazione delle parti e di accordo dei contrari: il “muro” esterno, nello smentire apparentemente il proprio peso, lo spazio interno, nell’invertire le aspettative indotte dalla percezione della regolarità del fronte strada e nel rinnegare la propria delimitazione ibridandosi di tratti paesaggistici , la maglia strutturale, nel voler essere forma e non esclusivamente struttura, il “promontorio artificiale”, elemento formalmente naturalistico che nasconde una volontà strutturale.

Il progetto architettonico, è concepito sulla teatralità dello spazio, non estranea all’architettura barocca dove tuttavia si risolveva nell’impatto scenografico piuttosto che nell’espressione di una costante ambiguità tra simulazione e verità.

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