MONUMENTO ALLE VITTIME DEL CAMPO DI AUSCHWITZ BIRKENAU, POLONIA

1958-1959

“… le parole e le forme sono impotenti di fronte ad Auschwitz; non vi sono immagini per Auschwitz. Non vi sono simboli. Auschwitz è se stesso, la sua personalità deforme e inimitabile, vanifica le allegorie. Auschwitz, arretra nella memoria martoriata dei sopravvissuti, le sue spoglie appaiono banali rispetto alla tragedia. Possiamo riferirci ad Auschwitz, non parlarne. Solo il suo residuo resiste, traccia debolissima, la selva dei tralicci dell’alta tensione, un tessuto omogeneo spezzato da episodi funzionali, il comando, i forni, le docce di eliminazione, le baracche di tortura… ”.[1]

Il progetto per il Monumento alle vittime del campo di Auschwitz Birkenau, prese forma in risposta ad un appello dell’omonimo  Comitato Internazionale che, nel 1957,  ne richiedeva un monumento commemorativo.

La drammaticità del luogo implica il senso di un intervento plastico e architettonico inteso secondo due accezioni antitetiche.

L’architettura tende a cristallizzare la situazione del campo e ad integrarne figurativamente gli elementi autentici interamente rispettati con i propri scarni parametri figurativi.

Non ci sono operazioni compositive addizionali. “…Il monumento è il campo…” con la sequenzialità delle sue aggregazioni; il terreno, la testata del binario, i tralicci, i cancelli di accesso ai crematori, sono tracce non cancellabili. La struttura architettonica si configura quale vuoto, pausa isolata tra le rovine dei crematori, puntualmente lacerata in modo da offrire punti di vista multipli. La piattaforma derivante dal rimodellamento parziale del terreno, risultato di un intervento lievissimo condotto al fine di offrire una visuale sopraelevata per coloro che accedono ad Auschwitz, è un invito al raccoglimento e ad una riflessione evocata dalle tracce ancora visibili degli strumenti dell’Olocausto.

Il vuoto architettonico della piattaforma è simbolo dell’impossibilità di razionalizzazione di un dramma indicibile. Dall’atto di rinuncia ad un intervento architettonico conciliante e “consolatorio”, consegue la focalizzazione sui segni di  espressione della memoria tangibile e crudele.

Ben diverso è il caso della scultura. Quest’ultima si esprime attraverso interventi plastici addizionali. Attraverso la rivisitazione simbolica di elementi appartenenti alla memoria non tangibile diviene espressione del dramma ri-vissuto.

Sui binari esistenti, lungo i marciapiedi dove i deportati subivano il primo contatto con la realtà del campo, elementi monolitici di cemento e tormentati ganci di ferro reinterpretano, pietrificati, il motivo dei vagoni piombati.

Dinanzi all’edificio di ingresso al campo, un elemento plastico trasversale, occlude definitivamente i cancelli attraverso cui entravano i vagoni dei deportati.

L’accesso al monumento è spostato lateralmente e sviluppato in senso diagonale rispetto all’originaria direttrice di accesso. Quest’ultimo sintetizza, lungo il percorso, gli elementi autentici, li individua e trasforma in impronte entro il piano della pavimentazione. Lastre di cemento delimitano i perimetri delle scomparse baracche e cristallizzano le rovine superstiti.

Al termine del percorso, a livello di campagna, affiora una grande piastra di cemento che sostiene ed accentua le rovine dei crematori,  incisioni inscritte in una grande piattaforma scolpita. Un cammino intagliato entro la piastra conduce ad una cripta nelle cui pareti sono incise forme, riconducibili ad impronte di corpi, che ricordano come la terra sia impregnata di ceneri umane. Altri percorsi, in direzione delle rovine delle camere a gas e dei crematori, nella scelta delle proporzioni dimensionali, strette e profonde, suggeriscono stimoli percettivi rievocanti l’angoscioso cammino dei prigionieri verso la morte.

[1] Renato Pedio, “Monumento Auschwitz – Birkenau”, estratto da ARCHITETTURA, n. 146 dicembre 1967

Committente

Comitato Internazionale di Auschwitz

 

Concorso Internazionale, I° premio

 

Credits

Studio Valle

 

In associazione con:

  1. Cascella, P. Cascella, P. Fazzini, O. Hansen, Z. Hansen, J. Jarnuszkiewicz, J. Lafuente, J. Palka, L. Rosinski, G. Simoncini, M. Vitale

Site Area 300.000 m²

Architects Studio Valle

In association with A. Cascella, P. Cascella, P. Fazzini,  O. Hansen, Z. Hansen, J. Jarnuszkiewicz, J. Lafuente, J. Palka, L. Rosinski, G. Simoncini, M. Vitale